– Perché avete deciso di intraprendere questa esperienza? Da dove proviene la vostra passione per il distillato? Quali sono le origini della vostra azienda?
Tutto è nato da un errore: ho praticato per un po’ di anni (e tutt’ora nei ritagli di tempo) un arte Marziale che prevede l utilizzo della riproduzione di una katana, e durante un esercizio mi accorgo di aver sbagliato il movimento che avrebbe simulato un taglio efficace. Provenendo dal mondo delle degustazioni, iniziato anni fa nel mondo brassicolo (il primo amore che mi ha traghetto ai distillati e al gin) durante il più classico dei Gin Tonic post allenamento, con alcuni dei miei futuri collaboratori, abbiamo notato come, gesti all’apparenza ovvi o semplici nascondono in realtà dettagli fondamentali per poter essere apprezzati: così, come una spada, se utilizzata senza la giusta tecnica e sensibilità non risulterà efficace nel fare ciò per cui è nata e non taglierà, anche un gesto innato come bere, se non eseguito con la voglia e la curiosità di ascoltare ed ascoltarsi, terminerà per diventare un gesto meccanico, privato di tutte le sensazioni che può regalare.
Da questo “terzo tempo” è nata l’avventura di GinGum (trascrizione fonetica del termine jingum, ovvero la spada vera per l arte Marziale coreana in questione) e, l’etichetta, racconta la sua filosofia e il giorno che vi ho descritto.
– Come nasce il vostro distillato? Avete un approccio alla produzione più tradizionale o utilizzate tecniche innovative?
Il nostro gin nasce dopo due anni di ricerche e sperimentazioni sulla ricetta, che miravano a raggiungere un obiettivo organolettico ben preciso, senza un particolare legame ad un territorio d’origine o circoscritto o ad una botanica cardine come vogliono le tendenze attuali di maggior rilievo di questo periodo, ma mirando alla sinergia e all’efficacia delle botaniche stesse per il raggiungimento che avevamo previsto. A fronte di queste scelte e delle caratteristiche dei singoli elementi che compongono il nostro gin, abbiamo visto che l’utilizzo appropriato di un alambicco a colonna abbinato alla distillazione per infusione delle botaniche era la soluzione per rispettare al meglio le caratteristiche delle stesse e la fragranza ricercata.
– Quali sono secondo voi le caratteristiche principali dei vostri distillati?
Sicuramente, oltre la speranza e la volontà che venga percepita la qualità e la quantità (aspetto spesso non preso in esame in fase di confronto, ma di fondamentale importanza) delle materie scelte per comporre il nostro prodotto, una caratteristica importante che abbiamo cercato è la coerenza organolettica tra fase olfattiva e fase gustativa, entrambe infatti risultano suddivise in una prima fase più pungente ed una successiva più profumata/rotonda.
– Quali sono le sensazioni che volete trasmettere ai consumatori attraverso le vostre etichette?
Sensazione di efficacia, passione e rigore, un messaggio che unisce il cuore e la passionalità italiana per il gusto ad un’ anima Marziale che mira alla concretezza e all’ efficacia del risultato, con in comune il senso per la funzionalità e l’arte, rappresentati appunto dalla spada e da un cordino intrecciato che porta al tatto le sensazioni delle incordature dell’opera d’arte raffigurata.
– Quali sono per voi le tre regole d’oro per un buon distillato?
Attinenza d’origine, ovvero le caratteristiche madri e sensazioni organolettiche primarie devono rispettare l’anima del prodotto: in questo caso il gin e il ginepro.
Coerenza olfattiva e gustativa: se non in progetti volutamente impostati in modo differente, il viaggio non deve confonderci e farci percorrere una strada all’olfatto e poi farcela riconoscere al palato.
Valutazione e rispetto della quantità e caratteristiche delle materie prime scelte: oltre alla qualità spesso citata, vi è anche un fattore di quantità adatta alla realizzazione della ricetta e la valutazione dei metodi di lavorazione, fatti in funzione delle stesse, per ottenerne un risultato il più fragrante e pieno possibile.
– Qual è il vostro rapporto con il territorio?
A differenza di molti progetti attuali (alcuni assolutamente eccellenti) che mirano alla territorialità nelle scelte su ricetta e immagine, noi siamo partiti con la ricerca del risultato organolettico finale, pertanto la nostra ricerca è figlia di confronti e contaminazioni, che omaggiano la tecnica italiana nella distillazione, botaniche nostrane e di terre lontane che devono trovare sinergia per raggiungere un unico obbiettivo…c è italianità in tutto questo?Beh chiediamolo a tutti quegli italiani che con sacrificio hanno saputo trasformare materie prime o culture lontane in quelle eccellenze che oggi sono ciò che di positivo ci ha contraddistinto.
Leave a reply