– Quali sono le peculiarità e le caratteristiche più significative della tua produzione?
La mia produzione si sviluppa in Toscana, precisamente nella zona di Monte Venere, un’area collinare situata nel Comune di Chiusi (SI), storicamente coltivata fin dai tempi degli Etruschi. Lì ho costruito un ecosistema produttivo fondato su tre pilastri: territorialità, precisione agronomica e branding strategico.
Coltivo principalmente Sangiovese, Cabernet Franc, Merlot, Trebbiano Toscano, Malvasia Bianca e Moscato, tutti vinificati in purezza o in blend secondo criteri di armonia sensoriale e coerenza narrativa. La viticoltura di precisione, implementata con sensori climatici e immagini satellitari, mi consente di monitorare ogni microvariazione del vigneto, riducendo sprechi e ottimizzando i trattamenti in base a dati scientifici, non a intuizioni.
Dal punto di vista enologico, utilizziamo fermentazioni controllate, lunghe macerazioni per gli orange wine e affinamenti mirati in barrique francesi, caratelli storici e acciaio, per ottenere vini eleganti, identitari e longevi. La nostra cantina lavora in micro-lotti: pochi ettolitri per etichetta, massima attenzione alla qualità.
Infine, la vera peculiarità è la visione imprenditoriale che guida ogni scelta. Ogni vino è parte di un sistema valoriale costruito attorno alla figura di Venere, che rappresenta bellezza, sensualità e armonia. Il mio vino non è posizionato sul prezzo o sul volume, ma sull’identità. Questo ha generato un forte personal brand che unisce comunicazione digitale, storytelling e qualità del prodotto in modo coerente, distintivo e riconoscibile.
– Perchè hai deciso di partecipare a BWS e cosa ti aspetti da questa esperienza?
Chi conosce il mio approccio al mercato sa che non partecipo abitualmente a fiere o eventi. Non perché non ne riconosca il valore, ma perché ho costruito un modello aziendale basato sul contatto diretto, sulla community e sulla disintermediazione, in cui il cliente arriva da me perché cerca autenticità, visione e una relazione che va oltre la semplice vendita.
Secondo me, Best Wine Stars non è una semplice fiera, ma un’eccezione nel panorama degli eventi del settore. È uno dei pochi appuntamenti che seleziona con attenzione produttori che non portano solo bottiglie, ma portano idee, visione, identità imprenditoriale. È questo che mi ha convinto.
La qualità della curatela, il livello degli interlocutori e la capacità dell’evento di attrarre un pubblico internazionale realmente interessato al valore, non solo al prezzo, lo rendono – a mio avviso – una piattaforma strategica per chi ha qualcosa di concreto da raccontare. Non è solo esposizione: è relazione, posizionamento, reputazione.
Per questo ho deciso di esserci.
Perché qui posso raccontare il mio progetto nella sua interezza: prodotto, metodo, filosofia e impatto reale.
La mia partecipazione ha quindi un doppio significato.
Da un lato, è un’apertura controllata e mirata verso il B2B, verso partnership di valore con professionisti e realtà che vogliono costruire qualcosa di nuovo nel mondo del vino.
Dall’altro, è un’occasione per il pubblico di scoprire – dal vivo – ciò che normalmente si vive solo online, nei miei progetti, nelle esperienze in cantina e nell’agricampeggio, o attraverso l’e- commerce.
Mi aspetto di consolidare la percezione del mio brand a livello nazionale e internazionale come modello di riferimento per l’agricoltura moderna, ma anche di intercettare persone che vogliono non solo acquistare vino, ma entrare in un ecosistema fatto di contenuto, visione e valore reale.
Chi verrà al mio stand non troverà solo bottiglie. Troverà una strategia, un’identità chiara, una cultura d’impresa che ha saputo innovare senza tradire la terra.
E troverà anche me: Paolo Nenci, non il solito produttore, ma un imprenditore agricolo con una missione chiara e un metodo replicabile.
– Quali sono i punti di forza che ritroviamo nei vini/negli spirits della tua azienda valorizzate dal tuo territorio?
Il primo vero punto di forza è il territorio stesso: ci troviamo a Monte Venere, nel cuore della Toscana, una collina unica per esposizione, ventilazione e composizione del suolo. Parliamo di un altopiano con argille, sabbie e sedimenti calcarei di origine marina, che garantiscono un equilibrio ideale tra drenaggio, riserva idrica e complessità minerale. Questo ci permette di ottenere uve sane, concentrate, naturalmente predisposte alla qualità.
A valorizzare questa materia prima, c’è una figura fondamentale: Mourad Ouada, il mio enologo. Con lui condivido non solo una visione tecnica, ma un’idea chiara di vino: identitario, riconoscibile, coerente col terroir e capace di emozionare anche a distanza di anni. Mourad ha un approccio preciso e rispettoso: conosce profondamente il comportamento dei vitigni e sa come esaltare il potenziale aromatico e strutturale di ogni singola parcella.
Insieme, abbiamo creato un protocollo produttivo che si fonda su:
- Micro-vinificazioni per singolo appezzamento
- Fermentazioni controllate, in parte con lieviti indigeni
- Affinamenti in barrique francesi, acciaio o caratelli storici, in base alla vocazione del vino
- Un utilizzo mirato delle tecniche enologiche, mai invasivo, sempre al servizio dell’eleganza.
Coltiviamo varietà autoctone come Sangiovese e Minuta di Chiusi, ma anche internazionali come Cabernet Franc e Merlot, che abbiamo saputo integrare con rispetto e intelligenza per dare vita a vini che non imitano modelli esterni, ma raccontano una storia tutta nostra.
Infine, il vero elemento distintivo è l’integrazione tra territorio, tecnica enologica e brand positioning.
Ogni bottiglia nasce con uno scopo preciso: non solo piacere al palato, ma rappresentare un’identità culturale e produttiva forte, radicata in questo luogo e proiettata nel futuro.
La mia azienda non si limita a produrre vino: crea esperienze memorabili attraverso coerenza, qualità e visione imprenditoriale.
– Raccontaci del nuovo progetto a cui state lavorando.
In questo momento stiamo lavorando su più livelli, ma tutto converge in un’unica direzione: trasformare l’azienda agricola in un hub esperienziale integrato, capace di generare valore non solo attraverso il prodotto, ma anche attraverso i servizi, la comunicazione e l’esperienza diretta.
Il progetto più strutturato è sicuramente Chiusi in Camper, un’area sosta attrezzata con servizi di alto livello, immersa nei miei vigneti, a pochi chilometri dal centro storico di Chiusi.
Non è un semplice agricampeggio: è un contenitore di esperienze autentiche, che include degustazioni guidate, tour nei vigneti, percorsi enogastronomici e momenti educativi per le famiglie. L’obiettivo è integrare l’enoturismo con l’accoglienza contemporanea, creando un modello replicabile e scalabile.
Parallelamente, sto investendo molto sul fronte digitale con il lancio imminente di paolonenci.com, una piattaforma di consulenza e formazione destinata a imprenditori agricoli che vogliono trasformare la propria azienda in un brand riconoscibile e profittevole.
Metterò a disposizione strumenti, strategie e il mio Metodo M.E.D.I.A.™, sviluppato in anni di esperienza sul campo, con l’obiettivo di creare una nuova generazione di produttori capaci di comunicare, vendere e costruire valore nel tempo.
Infine, stiamo lavorando all’ampliamento della linea Lussuria di Venere, un progetto che unisce vino, marketing sensoriale ed experience design. Dopo il successo delle prime edizioni, stiamo sviluppando una nuova versione ancora più curata, che porterà il concetto di “vino emozionale” a un livello superiore.
Tutti questi progetti sono pensati con una logica precisa: massima verticalità sul brand, forte differenziazione sul mercato, posizionamento premium accessibile.
Non si tratta di diversificare per occupare spazio, ma di espandere il valore percepito, trasformando l’azienda in un ecosistema coerente, innovativo e sostenibile.
– Come è nata la tua passione per questo settore?
La mia passione per l’agricoltura non è nata da una scelta: è nata da una chiamata interiore. Sono cresciuto in campagna, in un’azienda agricola fondata nel 1972 da mio nonno, che ai tempi produceva olio, vino e cereali. Ma più che un’azienda era una scommessa ogni anno, basata su tanto lavoro e pochissima strategia. Era un modello antico, che si reggeva più sulla pensione dei nonni che sulla redditività.
A 12 anni, mentre molti sognavano o… giocavano, io sognavo il trattore, le mattine libere nei campi e la voglia di lavorare con mio nonno. Ho frequentato l’Istituto Agrario di Cortona, ma sapevo che non mi bastava. Per questo ho iniziato a studiare marketing digitale, comunicazione, psicologia del consumo e posizionamento di marca dai più grandi del settore fino lo scorso anno direttamente in Silicon Valley.
La vera scintilla è scattata quando ho capito una cosa semplice ma rivoluzionaria: l’agricoltura non è un settore da modernizzare, ma da ripensare completamente.
Non bastava fare vino buono. Dovevo creare una narrazione, un’identità, una strategia.
Così è nato il mio modello: coltivazione di precisione + branding + vendita diretta + experience design.
Ho preso in mano l’azienda, l’ho rifondata, digitalizzata, comunicata. Oggi non mi limito a produrre: racconto, educo, ispiro.
Per questo sono stato definito dal Gambero Rosso nel 2019 il primo contadino digitale in Italia, e da allora porto avanti un’unica missione: dimostrare che l’agricoltura può essere sexy, redditizia e profondamente umana.
La mia passione nasce da lì.
Dal desiderio di riscatto. Dalla volontà di lasciare un’impronta.
E dal bisogno di dare voce alla terra in un linguaggio che il mondo di oggi possa finalmente capire.
– Quali strumenti utilizzi per promuovere e distribuire i tuoi prodotti?
Il mio modello di business è costruito su un concetto molto chiaro: creare valore prima di chiedere attenzione.
Per questo motivo, l’intera strategia di promozione e distribuzione si basa su una struttura proprietaria, indipendente da intermediari, pensata per generare relazione, fiducia e conversione diretta.
A livello di promozione, utilizzo in modo verticale i canali digitali.
Sul piano della distribuzione, la mia scelta è stata chiara fin dall’inizio: disintermediazione.
Vendo principalmente tramite il mio e-commerce proprietario, che mi consente di:
- Mantenere il controllo sul prezzo e sulla percezione del prodotto
- Raccogliere dati concreti sul comportamento d’acquisto
- Creare offerte personalizzate e customer journey ad alto tasso di conversione
A questo si affiancano canali esperienziali come:
• Degustazioni dirette in azienda e nell’agricampeggio
- Vendite durante eventi selezionati e visite su prenotazione
- Progetti come “Adotta un ulivo”, “Adotta un filare”, “Adotta un’arnia”, che trasformano il cliente in parte attiva del ciclo produttivo, fidelizzandolo nel tempo
Non mi interessa la quantità: mi interessa la qualità della relazione e la coerenza del messaggio.
Negli anni chi mi segue lo sa… non vendo vino, ma creo un ecosistema che vive, comunica e si moltiplica. E ogni strumento che utilizzo è calibrato per questo scopo.
– In quali regioni italiane e in quali nazioni possiamo trovare le tue etichette?
Ad oggi, le mie etichette non sono distribuite nella grande distribuzione né tramite canali tradizionali. È una scelta precisa e strategica, non un limite.
Credo fermamente nel valore della vendita diretta, perché mi consente di controllare l’intera filiera comunicativa, dal primo contatto fino all’esperienza post-acquisto.
Per questo motivo, l’unico canale ufficiale per acquistare i miei vini in Italia è il mio sito web, dove ogni cliente può accedere a prodotti esclusivi, esperienze sensoriali personalizzate e percorsi di acquisto che vanno ben oltre la semplice transazione.
All’estero, ho scelto di avviare la distribuzione solo in contesti estremamente selezionati. Attualmente, le mie etichette sono disponibili in Belgio attraverso Bode Vino, un partner con cui condivido la stessa visione di qualità, posizionamento e cultura del vino.
Non cerco la diffusione a tappeto. Cerco coerenza, attenzione e fidelizzazione.
Preferisco essere scelto da pochi clienti giusti, che comprendono il valore del prodotto e della filosofia aziendale, piuttosto che essere presente ovunque senza controllo sul messaggio.
La mia strategia di espansione è graduale, mirata e sempre orientata alla qualità della relazione, non alla quantità di bottiglie vendute.
– Qual è la filosofia e la mission delle tua azienda?
La mia azienda nasce da un’idea molto precisa: unire tradizione agricola e visione imprenditoriale contemporanea.
Fin dal primo giorno ho rifiutato l’immagine romantica e nostalgica dell’agricoltore che si limita a coltivare. Ho scelto invece di costruire un’azienda agricola strutturata, scalabile, comunicativa, e in grado di generare valore in ogni fase del processo.
La filosofia che guida ogni scelta è fondata su tre assi portanti:
1. Qualità autentica, non commerciale
Produco solo ciò che posso controllare in ogni dettaglio, dal vigneto alla bottiglia. Le quantità sono limitate per scelta, perché ogni vino deve rispecchiare il mio stile, il mio territorio e il mio metodo.
2. Valore percepito superiore
Ogni mio vino racconta una storia. Non vendo prodotto, vendo identità, esperienza, relazione. Il packaging, il naming, la narrazione, tutto è studiato per valorizzare l’intangibile, perché è lì che si crea la differenza.
3. Disintermediazione e centralità del cliente
Ho deciso di vendere esclusivamente attraverso canali proprietari o partner strategici selezionati, per mantenere il controllo totale sull’esperienza d’acquisto. Il cliente entra in contatto con me, con la mia realtà, con il cuore dell’azienda. E questo crea un rapporto diretto, umano e fidelizzante.
La mia mission è chiara: dimostrare che si può fare agricoltura con la testa dell’imprenditore e il cuore del contadino.
Che un’azienda agricola può diventare un brand culturale, un punto di riferimento, un modello replicabile per chi oggi vuole costruire valore nel settore primario.
E soprattutto, che è possibile rendere l’agricoltura sexy, moderna, digitale, senza perdere autenticità.
La mia azienda non è solo un luogo fisico, è un ecosistema coerente dove ogni bottiglia, ogni progetto e ogni contenuto comunicano la stessa cosa: visione, concretezza, e un amore profondo per la terra.
– Come descriveresti l’annata 2024?
L’annata 2024 è stata intensa, tecnica e altamente selettiva.
Le condizioni climatiche hanno messo alla prova ogni fase del lavoro in vigna: sbalzi termici, piogge non sempre distribuite in modo uniforme, e una pressione fitosanitaria particolarmente aggressiva in alcuni periodi. Ma è proprio in questi scenari che emerge la differenza tra chi segue un protocollo standard e chi, come noi, lavora con una strategia di precisione.
Grazie all’agricoltura di precisione, che applichiamo con il supporto della piattaforma Agriculus e una rete di sensori ambientali, abbiamo monitorato in tempo reale lo stato delle piante, intervenendo solo dove e quando serviva, riducendo drasticamente l’uso di input e massimizzando l’efficienza.
Questo ci ha permesso di salvaguardare la sanità delle uve e di portare in cantina materia prima di altissima qualità, soprattutto sui rossi.
Dal punto di vista enologico, l’annata si distingue per:
- profilo aromatico molto pulito, con intensità e definizione
- acidità ben bilanciata, che garantirà freschezza e potenziale di affinamento
- tannini già maturi, ma mai molli, che danno struttura e profondità
Stiamo ottenendo vini eleganti, verticali, con una buona tensione gustativa e una personalità netta. Sarà un’annata che ci darà molte soddisfazioni sul lungo periodo, soprattutto per alcune micro- vinificazioni in barrique e per le basi del Vin Santo.
A livello strategico, sarà anche l’annata della definizione di nuovi blend e nuovi progetti, che presenteremo nella metà del 2025 con una narrativa ancora più forte.
Un’annata non facile, ma estremamente formativa, che ha consolidato la nostra competenza agronomica ed enologica, rafforzando ancora di più il legame tra metodo, territorio e risultato.
– Descrivici il profilo del tuo consumatore tipo e qual è l’etichetta più apprezzata da questa categoria di clienti.
Il mio consumatore tipo non è definito dall’età o dal reddito, ma da un insieme di caratteristiche più profonde: è una persona consapevole, selettiva, con un gusto estetico sviluppato e una forte attenzione alla qualità relazionale del prodotto.
Non acquista vino per abitudine, ma per scelta.
Non cerca l’etichetta più famosa, ma quella con una storia vera, riconoscibile, coerente.
Si tratta di clienti con un alto livello culturale, spesso imprenditori, liberi professionisti, creativi, persone che hanno già visto molto e vogliono emozionarsi ancora.
Persone che non si accontentano di acquistare un vino: vogliono far parte di qualcosa di più grande.
Quello che li accomuna è il desiderio di autenticità. Vogliono sapere chi c’è dietro a una bottiglia, cosa c’è dietro ogni scelta produttiva, come si comunica il valore, quali sono i dettagli che fanno la differenza.
Per questo non entrano da me per caso: arrivano perché cercano un vino che li rappresenti.
L’etichetta più apprezzata da questa categoria?
“Bacio di Venere”.
Perché incarna perfettamente il punto d’incontro tra gusto e significato. È un blend di Cabernet Franc e Merlot, elegante ma diretto, avvolgente ma definito, capace di conquistare al primo sorso senza risultare banale.
Ma la vera forza di “Bacio di Venere” è che non è solo un vino: è un concetto.
Rappresenta la semplicità complessa di un gesto che può cambiare tutto. Un invito. Una soglia. Una scintilla.
E chi lo sceglie, non lo dimentica.
Questa etichetta è diventata il mio vino più venduto perché racchiude perfettamente ciò che il mio pubblico cerca: qualità tecnica, identità visiva forte, esperienza emotiva e narrazione coerente.
– Da dove provengono i nomi delle tue etichette e a cosa si ispirano le immagini presenti su di esse?
I nomi delle mie etichette non sono scelti. Sono dichiarazioni di identità.
Non derivano da un brainstorming creativo, ma da una visione sistemica e simbolica che ho costruito nel tempo attorno alla figura di Venere, la dea dell’amore, della bellezza e della femminilità.
Per me, Venere non è un’icona mitologica, ma un archetipo. È ciò che dà forma all’equilibrio tra istinto e grazia, passione e raffinatezza, desiderio e verità.
Tutti i miei vini nascono sulle colline di Monte Venere, nel cuore della Valdichiana Senese. Quel nome non è casuale. Lì gli antichi Etruschi veneravano divinità femminili legate alla terra e alla fertilità.
Io ho scelto di raccogliere quell’eredità e trasformarla in linguaggio contemporaneo.
Ogni nome della linea “Venere” è parte di un racconto preciso, progettato con coerenza strategica e potenza evocativa:
- Venere – è la riserva, il cuore del Il Sangiovese più nobile, il simbolo della perfezione, della purezza e della pienezza. È il vino che rappresenta l’essenza.
- Bacio di Venere – è il primo gesto. Il contatto. Il vino più venduto della cantina. È accogliente, diretto, emotivamente Come un bacio che anticipa tutto il resto.
- Passione di Venere – è il Rosé da Sangiovese, dirompente e sensuale, che ha rivoluzionato il posizionamento dell’azienda sul mercato. Rappresenta l’energia, il desiderio, la forza creativa.
- Lacrime di Venere – è l’emozione Un bianco che unisce Trebbiano Toscano, Malvasia e Moscato. Ogni goccia è un viaggio nei sensi, delicato e autentico.
- Eleganza di Venere – è l’eccezione che definisce lo stile. Un orange wine ottenuto con lunga macerazione sulle Un vino fuori dagli schemi, ma con una grazia disarmante.
- Oro di Venere – è la Il Vin Santo, affinato in caratelli del 1820 e con madre di fermentazione dell’800. Il vino della contemplazione, del tempo lungo, dell’eternità in bottiglia.
Le immagini sulle etichette non illustrano. Parlano.
Ogni grafica è costruita attorno a simboli, texture e figure evocative che rimandano alla mitologia, ma senza scadere nel decorativo.
L’obiettivo è creare un linguaggio visivo che accenda i sensi e la mente, che dia profondità all’esperienza visiva prima ancora dell’assaggio.
Tutto è pensato per agire su due livelli:
- Razionale, attraverso la coerenza stilistica e la forza del
- Emotivo, attraverso la narrazione archetipica che permette a ciascuno di
Per questo ogni bottiglia non è solo un prodotto. È un’esperienza completa, multisensoriale e simbolica.
Ecco perché chi acquista una mia etichetta non la sceglie per caso. La sceglie perché racconta qualcosa di sé.
– Quali sono i premi e i riconoscimenti che la tua azienda ha ricevuto nel corso degli anni?
Nel corso degli anni, il mio percorso imprenditoriale ha attirato l’attenzione di media, critici e realtà istituzionali che hanno riconosciuto non solo la qualità dei miei prodotti, ma soprattutto la visione che li sostiene.
Sono stato definito “Il Primo Contadino Digitale In Italia” da Gambero Rosso, ma anche da Corriere della Sera, ANSA, La Nazione, La Repubblica e numerose testate locali e nazionali che hanno voluto raccontare la mia storia come esempio di agricoltura moderna, comunicazione evoluta e posizionamento strategico.
La mia voce è passata anche per radio e TV: RAI Radio 1, RTL 102.5 e sono stato ospite in podcast e format che parlano d’impresa, agricoltura, branding e innovazione.
Ma non è solo comunicazione. È eccellenza certificata.
Nel 2020 il mio “Passione di Venere”, rosé da Sangiovese, è stato premiato al Pink Rosé Festival di Cannes come secondo miglior rosé d’Europa, segnando uno spartiacque nella storia della mia cantina. Un rosato nato in Toscana che conquista la Costa Azzurra: è stato un segnale forte al mercato e alla critica.
Nel 2021, a Milano, il mio Vin Santo “Oro di Venere” è stato inserito da Paolo Massobrio tra i 100 migliori vini d’Italia. Un riconoscimento che ha celebrato non solo il vino, ma la storia che porta con sé: caratelli originali del 1820, madre di fermentazione del 1800, e una pazienza produttiva che oggi è diventata rara.
E poi c’è l’olio.
Il mio Olio Extravergine di Oliva ha ricevuto nel 2024 uno dei riconoscimenti internazionali più importanti: il premio a Dubai come miglior olio al mondo per innovazione e qualità, nell’ambito degli AgriNext Awards, dove sono stato premiato come “Eccellenza mondiale nella produzione di olio EVO” e invitato come speaker internazionale per rappresentare l’Italia.
Potrei dilungarmi ancora. Ma preferisco che siano i miei prodotti a parlare per me.
Non rincorro premi. Rincorro la coerenza. E ogni mio vino, ogni bottiglia d’olio, ogni esperienza che creo, è prodotta in tiratura limitata, con la stessa filosofia: qualità senza compromessi, autenticità radicale, eleganza senza artifici.
L’eccellenza, per me, non si misura con le medaglie.
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